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sabato 24 ottobre 2009

Caos vs 電



I Veltpunch sono una delle mie band preferite di tutti i tempi. Li ho conosciuti come ho conosciuto altre band j-rock, ovvero grazie alla opening di un anime che seguivo un annetto fa, Nabari no Ou . Serie molto intensa. La opening era appunto una canzone dei Veltpunch, "Crawl", tratta dall'ultimo "Paint your life gray". I veltpunch sono un gruppo sconcertante, nel senso che il loro rock è apparentemente privo di regole. Melodie accattivanti e orecchiabili si mischiano a momenti noise, vagamente metal, chitarre armonizzate, code lunghe anche 7-8 minuti in cui suoni più o meno particolari accompagnano chitarre sferraglianti e le due voci, maschile e femminile, che si rincorrono. E' difficile descrivere i Veltpunch, sono uno di quei gruppo che in Giappone sono venuti fuori da pochi anni, seguendo la grande onda del visual rock e dell'immaginario gothic. Sono uno di quei gruppi che spiccano proprio per il rifiuto della appariscenza. Sembrano banalissime persone normali, come noi. I loro testi sono spesso assurdi, difficilmente comprensibili, nel consueto mix tra inglese e giapponese al quale ormai questi gruppi ci hanno abituati... Io trovo nella loro musica la rappresentazione di una complessità inenarrabile. I veltpunch usano un linguaggio quotidiano e schizofrenico per esprimere sentimenti e situazioni tratte dalla vita reale. Sono un gruppo foriero di quella che io definisco "esteticadellapioggiachebattesuifinestrinidell'autobusaffollatomentretornidall'universitàeseistanco". Nei loro momenti psichedelici trovo gioia di vivere e, non so come, l'enunciazione della bellezza delle cose più piccole e stupide.

Consigliatissimi.

giovedì 22 ottobre 2009

Il giorno che l'edonista perse l'occhio destro

Una canzone troppo veloce fa accavallare le parole, col risultato che le idee si confondono e sovrappongono le une sulle altre. E' il dramma di chi scrive post sul proprio blog sempre e solo ascoltando musica. A volte mi domando cosa ne sarebbe delle nostre più ispirate dissertazione se togliessimo ogni parola che senza l'intervento maieutico della musica non sarebbe mai sgorgata.


La mia pioggia di Agosto ha lasciato spazio allo spotless sunshine settembrina. Adesso piove di nuovo, più forte che mai. La pioggia è densa, anche se magari non violenta. La pioggia densa, chi si muove in motorino lo sa, è una vera disgrazia perché ottunde i contorni delle cose, impedisce la visione.

Non penso di avere più le necessità che mi spingevano a tenere vivo questo blog qualche mese fa; allora aspettavo, in attesa di tuffarmi in un nuovo periodo di vita, in attesa di vedermi passare davanti la chance di fare mio un mondo, di propormi a un gruppo di persone, di conoscerne una e scoprire se, come qualcosa dentro di me sussurrava a gran voce, poteva davvero essere la protagonista di una sorta di profezia, il catalizzatore di un cambiamento. Allora non vivevo, ma osservavo la vita e tentavo, con tutti i limiti del caso, di capire come avrei voluto che fosse la mia, basandomi su tanti esempi, ma soprattutto affidandomi all'irrazionale intuizione della prima impressione. Sicuramente, non ho fallito. Ma se è vero che sono stato capace di fare grandi sforzi per recuperare esperienze (e il tuo Dio solo sa quanto ti sono grato), iniziare a correggere unità disfunzionali, meccanismi di base... E' altrettanto vero che non esistono profeti e profezie e che ciò che ottieni dagli incontri dipende in gran parte dal contesto nel quale si svolgono. C'è un momento in cui hai bisogno di bere, e allora senti il sapore dell'acqua. Se bevi e non hai sete, l'acqua è un rivolo freddo nell'esofago.

Conquistare è più facile che mantenere. Perché per mantenere qualcosa che ha a che fare con le altre persone - con gli amici, potremmo sicuramente dire - significa soprattutto abbandonare definitivamente la parte del conquistatore, e non illudersi di potersi elevare ad amministratori delle colonie conquistate. Si conquistano nicchie umane anche perché quasi sempre la conquista è reciproca. Il dramma, per uno come me, fondamentalmente egocentrico e dotato di una visione competitiva dei rapporti umani, è accettare che di assoluti non si possa vivere. Ma nemmeno morire. Mi è difficile vedere le cose andare in direzioni in cui il centro di gravità non coincida col mio baricentro. Mi è difficile accettare attacchi ad una leadership che in realtà non esiste, nè dovrebbe esistere. Non è esattamente quello che si potrebbe definire essere possessivi, ma in qualche modo è simile. Il bisogno di essere insostituibile per le persone che contano nella mia vita.

Voglio imparare a capire che il centro di gravità non coincide mai col baricentro di nessuno. L'edonista dovrà perdere il suo occhio destro.