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domenica 3 maggio 2009

La Religione

Ultimamente mi sento molto attratto dalle discussioni che toccano temi importanti e anche piuttosto intimi e personali. Ultimamente, poi, mi è capitato di parlare spesso di religione con amici, genitori e conoscenti; la questione di fondo che mi affascina e mi lascia perplesso circa la religione, è che l'adesione di un individuo ad un determinato culto religioso mi sembra sempre legato indissolubilmente al contesto familiare di provenienza. Ci avete mai fatto caso? Nel caso della religione cattolica, nel contesto italiano (una generalizzazione ad altre realtà etniche e culturali è impossibile) da genitori non praticanti o addirittura atei nascono quasi sempre figli che non si avvicineranno alla fede e che tenderanno a professarsi atei, agnostici o semplicemente disinteressati all'argomento. Per contro, da genitori credenti e praticanti quasi sempre provengono figli che, pur essendo magari poco o per niente praticanti, alla domanda "credi in Dio?" daranno sempre una risposta positiva. Da famiglie di stretta osservanza religiosa provengono spesso figli altrettanto entusiasti della religione, ma non di rado anche figli che, sfuggendo forse al senso di oppressione che certi modi di vivere la religione possono comportare, tendono a rifiutare il credo dei propri genitori. Diverso è il discorso degli appartenenti a sette o organizzazioni particolari - Testimoni di Geova, Mormoni, Neocatecumenali, Ciellini, ecc... Fatta eccezione per i neocatecumenali sui quali possiedo poche et frammentarie notizie, le principali sette cristiane sono accumunate da una forte tendenza all'isolamento dal resto del consorzio umano, fino a giungere molto spesso all'endogamia tra membri della stessa comunità. E' chiaro che questo punto meriterebbe una trattazione molto più approfondita che in questa sede non è opportuna - anche perché non parlo di cose che non so. 

Credo che molto, comunque, dipenda dall'intelligenza dei genitori, e per me "intelligenza" significa soprattutto lasciare ai propri figli la libertà di scelta secondo la propria personale volontà. Per questo, un genitore ateo dovrebbe a mio parere fare in modo che i propri figli entrino in contatto con la spiritualità e che possano capire cosa sia la religione, cosa sia la fede, cosa significhi e quale possa essere il suo valore. Del pari, un genitore cattolico - per esempio - dovrebbe mostrare ai propri figli che la Fede è un valore che non tutti condividono, e che non è obbligatorio aderire ad una religione se questa adesione non è profondamente ragionata e "sentita" - cioè, non deve essere una mera questione di "abitudine". 
La realtà è che la grande maggioranza dei cattolici in Italia va in Chiesa ogni domenica solo perché "è abitudine che così si faccia". Conoscono a memoria le liturgie ma non si interrogano mai sul significato delle parole che pronunciano. Si professano cristiani ma della Parola di Gesù non applicano nemmeno la punteggiatura. Questa non è religione, non è spiritualità: questa è vita da pecore, prone solo alle bisogna della pancia - per dirla col grande Sallustio. La Religione secondo me è una cosa nobilissima se l'individuo ha la volontà e la curiosità di usarla come trampolino di lancio per affrontare questioni esistenziali ed etiche, per analizzare l'essenza dell'Uomo e della Società, per trovare il proprio ruolo all'interno di essa. La Religione diventa invece completamente sterile ed inutile se si riduce ad una semplice lista di cose che si possono fare e di cose che non si possono fare: tutto il suo valore di speculazione intellettuale e di arricchimento personale va perduto. 
Anche gli atei, comunque, non sono da meno. Tra loro, sono poche le persone che prima di professarsi atee hanno cercato di approfondire la propria spiritualità in qualche modo. Non dico che sia necessario aderire a qualche forma di religione, ma sono convinto che prima di decidere che un qualsiasi dio non esista, sarebbe quantomeno importante affrontare seriamente la questione. Purtroppo anche in questo frangente entra in gioco l'abitudine: siamo pigri, e quindi perché affannarsi a mettere in discussione le proprie certezze quando fino ad oggi abbiamo vissuto benissimo così come siamo? 
Vedete, il succo della questione è che bisogna sempre farsi domande e mai accettare qualcosa senza averla prima analizzata a fondo. Una scelta è utile solo se è consapevole, altrimenti non è neppure una scelta, è come lasciarsi passare gli eventi addosso in maniera passiva. E sono abbastanza sicuro che un cattolico che si fa domande e che mette continuamente in discussione valori, principi, fede, stabilendo così un rapporto dialettico fertile, sia un cattolico che non avrà mai bisogno di andare a tacciare di eretico chi non la pensa come lui. Del pari, un ateo che abbia compreso cosa sia la Fede e quale possa essere il suo valore, sarà sicuramente un ateo rispettoso di chi aderisce ad un culto religioso. Solo così ci può essere vera comunicazione, solo così ci si può rispettare e vivere pacificamente insieme senza essere diffidenti gli uni verso gli altri. Il problema, al solito, è che tutto questo richiede sforzo, attenzione costante, vivacità intellettiva, la fatica e l'irritazione che possono derivare dalla messa in discussione delle proprie certezze.

Personalmente, sono cresciuto in una famiglia di non praticanti tendenzialmente agnostici e sono sempre stato lontano dagli ambienti cattolici; tuttavia i miei non hanno mai fatto niente per allontanarmi dalla possibilità di avere Fede e, anzi, hanno sempre fatto in modo che io sentissi tutte le campane. Man mano che cresco la voglia di approfondire i tratti della mia spiritualità, che adesso inizio a conoscere, mi spinge a cercare un modo per viverla traendone tutta la ricchezza possibile. Probabilmente non sarò mai un cattolico - sono più affine  al pensiero orientale - ma sicuramente in questo travaglio interiore il confronto costante coi miei amici cattolici è stata una fonte di ricchezza insostituibile.

La Religione non dovrebbe mai essere un freno allo sviluppo della propria personalità e delle proprie inclinazioni naturali, nè tantomeno un santuario di certezze, anzi. Direi che tutto sommato ho scritto cose sensate.

2 commenti:

Veggie ha detto...

E' difficile parlare di religione. E' difficile perchè, in questo caso, tutto si basa su illazioni, su speculazoini, su fede, senza però poi poter avere una risposta definitiva e univoca alla domanda sull'esistenza/non esistenza di una divinità. Perchè qui c'è qualcosa che manca. Manca il contenitore di certezze dove molti navigano e sopravvivono. Io non mi sono mai sentita contenuta da nessuno e da nessuna cosa, ogni pensiero - soprattutto quelli in ambito religioso - l’ho messo in discussione, l’ho ribaltato, l’ho disintegrato e capovolto, facendo sì che mai nulla mi rassicurasse. Faccio karate ed ho un compagno di squadra che è credente. Io, da atea, ho tentato di demolire la sua idea di dio un milione di volte, ma la sua risposta è stata: "Ma io lo so che forse non c’è, però per me deve esserci altrimenti crolla un pezzo del mio mondo e non saprei che pesci prendere." Una frase così mi lascia senza fiato: la consapevolezza che il proprio mondo è costruito su basi soggettive mi ha sempre portata a non darmi credito, come mi volto vedo che c’è chi ama gongolarsi nel suo mondo e stare con gli occhi aperti unicamente su ciò che conferma quel personale universo… Sento dire “ho tutto”. Percepisco dietro questa frase (e questo mi manda in bestia) “ho tutto giusto”. E io magari dico “non ho niente, e il niente è sbagliato”. Però… però. C’è un però. Antropocentrismo, direi. o che non credo. Io che mi definisco "atea". Io sono presuntuosa. Tanto presuntuosa, forse quasi più di chi dice “ho tutto giusto”. Sono presuntuosa perché mi sento di gridare a questa entità con un occhio solo e milioni di volti (che chiamo “gli altri”) che sono un branco di illusi, che sono loro i pazzi, che io riesco a riflettere razionalmente sull'irrazionale e a sfatare ogni possibile credenza... Però, in fin dei conti, invidio la loro fede, la loro capacità di aggraparti a qualcosa, come a un legno anche in mezzo alla tempesta... Forse loro hanno visto qualcosa che la mia retina non codifica...

Shunran ha detto...

Sì Veggie, capisco molto bene quello che vuoi dire. Ora, ti dico subito che io sono un ateo che ormai da un po' di tempo - complice anche un'esperienza "al limite" - vorrebbe approfondire la conoscenza della dottrina buddhista perché la trova estremamente vicina al modo di vivere la propria spiritualità che gli è spontaneo. Come sicuramente saprai, però, il buddhismo non è una religione in senso stretto, salvo alcune correnti, ma si configura piuttosto come una sorta di pensiero filosofico in cui sostanzialmente il concetto di Dio non esiste, ma esiste qualcosa di simile alla Fede.
La Fede, intesa come la intendiamo qua in occidente, è qualcosa che a volte si perde e a volte si acquista, ma che molto spesso si ha e basta. Quello che volevo esprimere nel mio post - e che, mi rendo conto, ho un po' trascurato - è che se ti guardi in giro ti rendi conto che in fondo molti hanno Fede semplicemente perché sono cresciuti in un contesto socio-culturale in cui essa è sempre stata presente e la sua assenza non è contemplata. E' come quando noi ci scandalizziamo perché in Corea mangiano i cani: loro l'hanno sempre fatto, non riescono ad immaginare cosa significhi non poterlo fare per scrupoli morali. Dire ad un credente che Dio potrebbe non esistere è come dire ad un qualsiasi essere umano che i colori non esistono. Come si fa a pensare il mondo senza colori? Per un fedele, la Fede è come un colore aggiuntivo, un sesto senso che da al mondo una dimensione in più.
A volte anche io ho l'impressione che tutto sommato la Fede non sia altro che un cuscino molto comodo sul quale ricadere quando davanti a noi si pone un dubbio che mette a dura prova il nostro raziocinio, ed esprimo questa mia perplessità senza troppo timore di essere offensivo nei confronti di chi crede. In realtà, però, io credo che esistano molte Fedi diverse; ecco, io auspico che si diffonda quel tipo di Fede che pur essendo, appunto, un atto di credenza spassionato e incondizionato, non pregiudica la voglia dell'individuo di andare sempre a fondo nelle cose e di non accontentarsi mai di risposte dogmatiche. So per certo che esistono tante persone che credono in questo modo, e che infatti hanno in genere una visione della vita che io ammiro e spesso condivido anche.